Il mare,
gli scogli dispersi
e le coste lontane d’Iberia
le solitarie rocce sparse di schiuma
il vento debole e forte
di giorno in giorno diverso;
e un odore uguale per le strade
il porto veloce e i marinai
le navi attraccate il cemento il venditore
impregnato di pesce
l’asfalto caldo
e quelle solitarie rocce costruite
e ancora quelle sempre uguali.
Il mare,
il porto rinato e le navi attraccate
e rocce e ostacoli sempre nuovi.
E non più la certezza di morte
dove nera terra si affaccia alla mia terra,
ma il mare danzante
là dove finisce il mondo,
e le àncore e le navi attraccate,
ognuna a quel che resta fermo.
Poi ancora indifferente il mare,
e quel senso infinito insidiato da un altro.
Come una nuova coltre di nubi
il mare,
eppure sempre lo stesso,
e i sentieri sul molo lo inseguono
e lo fuggono.
È nuovo tempo di grandi imprese.
L’oceano è l’istante,
nell’ombra viaggio verso il sole,
nel Tartaro e di ritorno,
in cerca oltre il mare d’Itaca lontana
e poi di coste annebbiate senza luogo,
giorno per giorno.
13 luglio 2010
(da L'esistenza è il giorno, Simone Risoli)
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