La Corte Suprema americana si è
espressa, nei giorni scorsi, a favore della riforma sanitaria
approvata dal presidente Obama. Il consenso della Corte Suprema,
vertice del potere giudiziario, realizza negli Stati Uniti una
funzione non secondaria di verifica della conformità di una legge
alla Costituzione. In altre parole, la Corte Suprema ha affermato
definitivamente che fra i principi
espressi dalla Costituzione del 1787/89 e la volontà di creare un
sistema sanitario aperto a tutti i cittadini non esiste contrasto.
Per un cittadino europeo
è incomprensibile che in un Paese emblema di libertà e
democrazia persistesse un residuo del liberalismo di vecchio stampo,
che permettesse solo ai più facoltosi di usufruire di cure sanitarie
e abbandonasse alla loro sorte gran parte dei cittadini indigenti. In
una formula, il moderno sistema americano ancora tollerava che,
persino in materia sanitaria, laddove sia in gioco l'interesse
primario della vita, il singolo provvedesse a se stesso e l'incapace
“s'arrangiasse”.
La riforma
sanitaria approvata nel marzo del 2010 modifica la legislazione
precedente sotto diversi aspetti. Negli Stati Uniti il sistema
sanitario si fonda su assicurazioni stipulate direttamente dai
cittadini, con l'esclusione di persone a
basso reddito non affette da patologie pregresse tutelate da alcuni
programmi
ad hoc. In quanto contratti, le assicurazioni si basano
sulla
forza contrattuale delle parti, non offrono le garanzie di una
tutela pubblica ed escludono, a discrezione della società
assicuratrice, i soggetti che non costituiscono
fonte di guadagno.
Gli stessi cittadini impossibilitati, d'altro canto, potrebbero non
ricevere un rifiuto dell'assicurazione, ma la richiesta del pagamento
di premi spropositati per la copertura dei rischi assunti dalle
società, richiesta che
equivale a esclusione dalla
stipulazione e, quindi,
dal diritto alle cure sanitarie.
Sotto questo aspetto, la Riforma Obama
non è rivoluzionaria nei contenuti, ancora lontani dalla
realizzazione di un sistema europeo, perché risente talora della
diffidenza anglosassone verso gli interventi pubblici. La legge,
infatti, non interviene trasferendo allo Stato oneri finanziari e
poteri per un sistema sanitario pubblico, ma prevede un intervento
esterno del Governo sul sistema privato di stipulazione delle
polizze, consentendo allo Stato di obbligare società e cittadini (in
difficoltà) a concludere contratti di assicurazione a condizioni
fattibili. E tuttavia, è impossibile negare il carattere sostanzialmente rivoluzionario della Riforma e della decisione della Corte Suprema.
Quando la Corte Suprema si pronuncia su
argomenti del genere, il risultato è una silenziosa, gloriosa rivoluzione. Rientra nella tradizione “mite”
anglosassone, che già nel 1688 annunciava al Continente distante un
secolo dalla caduta dell'Ancien Regime, una gloriosa rivoluzione, un
trionfo istituzionale, il raggiungimento a tutti gli effetti di una
forma liberale di Stato in cui il potere assoluto si frazionava in
poteri bilanciati fra loro e la politica generale si costruiva per
dialettica e sintesi, invece che per ratificazione di una volontà
univoca: una rivoluzione cauta, senza spargimenti di sangue e per via che gli storici, dopo
Bernstein, definirebbero “riformista”.
L'operato della Corte Suprema (come
quello del Parlamento inglese della fine del secolo XVII) è
fortemente politicizzato, nel senso positivo del termine, perché
storicamente contribuisce a segnare cambiamenti culturali e politici
epocali. Parte di questo ruolo dipende dalla composizione peculiare
della Corte, costituita da giudici nominati a vita dai Presidenti
americani, del cui indirizzo politico tendono a essere espressione, anche nell'interpretazione della legge costituzionale.
Quando una componente prevale
sull'altra, la Corte traduce in concreto indirizzi innovatori,
senza modificare formalmente la Costituzione (che infatti risale a
oltre due secoli fa), ma adeguandola.
Così, l'avvallo nel 1937, da parte della
Corte, del New Deal rooseveltiano,
il nuovo corso di finanziamenti pubblici, sostegno ai redditi e
all'industria, creazione di enti nazionali, statalizzazioni e
realizzazione di opere pubbliche per l'occupazione, fu a lungo
osteggiato dai giudici che lo credevano in contrasto con i principi
di libertà economica e liberistici espressi dalla Costituzione, ma segnò un importante “svolta riformista” verso lo Stato sociale e la più piena democrazia. Diversamente, in Europa il costituzionalismo
democratico-sociale, certamente meglio realizzato, si ottenne a costo
della seconda guerra mondiale e del nazifascismo, così come il prezzo
del liberalismo e dello Stato di diritto furono la ghigliottina e la
Restaurazione.
Per queste ragioni la Riforma Obama avvicina maggiormente al modello ideale lo Stato sociale americano, per la verità ancora fortemente imperfetto, e potrebbe essere una seconda fase del nuovo corso o una rivoluzione, "gloriosa" nel metodo. L'atteggiamento politico è analogo, quel che cambia è questo: mentre la Rivoluzione inglese ha segnato un antecedente storico del cambiamento nei rapporti fra Stato e società, l'esperienza americana, su questo terreno come su altri, giunge forse tardiva (ma proprio per questo più necessaria).