lunedì 7 gennaio 2013

Il liberalismo in Italia


Il grande pregio di una lista Monti contrapposta a una formazione Bersani è - come appare chiaro a tutti - la possibilità di credere in una dialettica elettorale in cui la fazione "moderata" sia finalmente un partito liberale europeista. In questo modo la campagna elettorale e il Governo del Paese possono funzionare in modo sano: una parte preme per le istanze sociali, i diritti dei lavoratori, l'uguaglianza e la spesa previdenziale; l'altra corregge, incalza, pungola sui temi dei diritti civili, degli impegni economici, dell'impresa. Nessun partito potrà crogiolarsi in un vuoto di programma, riempito da qualche invettiva rumorosa, da qualche offesa gratuita all'avversario che non si sa affrontare su temi politici. Finalmente il ritorno agli ideali politici colma la lacuna lasciata dall'abbandono delle ideologie. Si discuterà sulle azioni e non ci si accuserà sulle omissioni; una parte sarà pronta a denunciare gli errori dell'altra e l'altra parte ammetterà l'errore da correggere. Sana dialettica politica, secondo lo schema che trova nel giusto mezzo la realizzazione dell'utopia del Buon governo...
Ma la situazione è ancora molto distante!
Nessuno di noi, d'altra parte, vorrà rimpiangere i tempi (ancora in corso) del "chi ha dato, ha dato" e del "tutti colpevoli e cosi sia!"; i tempi in cui si facevan voti con faccia scaltra a Nostra Signora dell'Ipocrisia.
I tempi del liberalismo in Italia, però, non possono ancora dirsi maturi e, se la storia del Paese non fosse stata caratterizzata dalla particolarità per la quale la più celebre stagione di "liberalizzazioni" reca il marchio di un Governo di centro-sinistra (e in particolare dell'allora ministro Bersani), questo elemento sarebbe preoccupante. Infatti, se la democrazia è - come insegna Bobbio - costante tensione fra libertà e uguaglianza, l'assenza di una cultura politica (accanto a un eccellente cultura accademica) liberale in Italia, incarnata da una formazione politica, sarebbe una mutilazione della democrazia. Beninteso, nessuno lamenta che l'assenza di una cultura liberale conduca o abbia condotto a un eccesso di uguaglianza e giustizia sociale! Ma esistono questioni particolarmente care a un liberale che ancora non sono state affrontate. E, soprattutto, solo l'attenta vigilanza di una parte sull'altra è condizione al progresso sociale e civile di una Nazione. A quanti potrebbero scorgere nell'assenza di una contro-parte le avvisaglie di una facile vittoria, bisogna ricordare che il sistema dell'autocontrollo e dell'autoregolamentazione non può funzionare. La concorrenza  politica può migliorare la politica, a patto che non si tratti di concorrenza sleale.
Ma la situazione è ancora molto distante.
E infatti, se nessuno pretende che la lista Monti rivendichi l'abbassamento dell'età pensionabile o il rafforzamento delle tutele dei lavoratori dipendenti o imposte sulle rendite, perché nessuna di queste misure è tradizionalmente cara a un liberale, ecco che l'anomalia italiana si ripresenta sui temi dei diritti civili ed eticamente sensibili.
Cara a un liberale dovrebbe essere l'affermazione della propria autodeterminazione contro l'ingerenza dello Stato nell'etica e nella morale: è nell'interesse di un liberale approvare una disciplina del "testamento biologico", perché, qualunque ne sia il contenuto, è nell'interesse di un liberale che la sua volontà, su un suo diritto (a suo avviso) inalienabile, sia riconosciuta e non ostacolata. E' nell'interesse di un liberale riconoscere diritti alle coppie di fatto e omosessuali, perché secondo un liberale la propria libertà d'azione orienta la legge dello Stato e la legge dello Stato deve assicurare la sua libertà: e quale libertà è maggiormente nell'interesse di un liberale se non quella di coscienza e di azione? E' nell'interesse di un liberale che i valori c.d. non negoziabili siano tali perché l'individuo (e non un'istituzione o un sistema assoluto di valori) non intende rinunciarvi: è nell'interesse di un liberale la laicità dello Stato; è nell'interesse di un liberale libera Chiesa in libero Stato.
Un liberale - ma questo significa richiedere la perfezione - riconosce che esistono diverse idee di libertà.
Invece la situazione, allo stato dei fatti, è molto lontana
Il programma Monti rischia di ripiegare su una linea liberista ma poco liberale, incentrata su misure economiche, peraltro non indiscutibili, e disattenta al tema dei diritti che il Professore considera "importantissimi, anche più delle riforme sociali ed economiche", ma non prioritari.
In questo si scorge l'inevitabile influsso delle forze sociali e politiche che sottoscriveranno in toto l'Agenda Monti, centristi della tradizione secolare italiana e, a larghi tratti, conservatori ancora terrorizzati dallo spettro del Comunismo come i loro antenati notabili dell'Ottocento.
Ma - il presidente senz'altro è d'accordo - se anche la libertà di un liberale moderno, europeista e provvisto di senso civico non è il dissennato arbitrio e l'individualismo anarchico, essa deve essere misura della propria azione politica e, se non è nell'interesse dei centristi (che forse nemmeno amano definirsi liberali), è nell'interesse di un'Italia liberale e libertaria l'essere spinta dai venti del liberalismo e della socialdemocrazia.

(Simone Risoli)

(per l'intervento speculare sulla socialdemocrazia in Italia: E se fosse una questione culturale?)