sabato 7 febbraio 2015

Spleen e l'ardore

Spleen già batteva alla porta
E già aveva aperto da giorni il poeta
Che pure nessuno aspettava:
e se lo trovò davanti,
lui schiena dritta,
in ritardo d’un secolo sulla sua
tabella di marcia,
ma senza ritardo.

Piombava la pioggia sulle finestre.

E ora lì sta Spleen – o non lui –
Più irrequieto di prima,
ora che il passante si ferma,
che la porta sempre aperta resta
ad aspettare o a non aspettare,
che s’è accomodato il passante
a scrostare la ruggine dai chiodi,
e che sputa ancora la pioggia.

Ma Spleen non ha più di che lamentarsi.


(Simone Risoli, 4 febbraio ’15)

martedì 3 febbraio 2015

Costituzione «significa».

Col discorso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alle Camere e ai delegati regionali, si è tenuta una – al di là dell’opinione comune – non ordinaria lezione di “Costituzione spiegata agli elettori e alla politica”. Una “lezione”, per certi versi, di innamoramento ai principî costituzionali. Un discorso, lapidario in certi passaggi, da cui il sottoscritto vorrebbe ricavare non pochi svolgimenti.
Non è un caso che, il capo dello Stato, facile oggetto di idealizzazione da parte dei mass media, abbia sottolineato quasi silenziosamente che il suo ruolo di garante della Costituzione, e con esso la Costituzione stessa, «significa» e che «la garanzia più forte [di essa] consiste, peraltro, nella sua applicazione; nel viverla giorno per giorno». Così operando, l’attenzione si sposta dal senso dell’azione dell’istituzione (Presidente delle Repubblica) a quello quotidiano, importante (cioè letteralmente “pregno di importanza”) e attuale (ovvero “attento e strettamente inerente al presente”) della Costituzione.
Se la Costituzione significa, allora “porta il segno di qualcosa”; quello della resistenza, della cultura democratica, del fondamentale «patto fra cittadini e classe politica» (più volte richiamato da Mattarella) che è un segno di amicizia. Non è facile spiegare la Costituzione in certi termini né retorici, né emotivi, ma di vicinanza: alla Costituzione importa degli uomini.
Ma se la Costituzione “significa”, allora riproduce, contiene, recepisce, manifesta. E tra le cose che significa, essa significa in primis garantire il diritto allo studio; scelta non arbitraria quella di anteporre questo significato altri, perché proprio attraverso una banale disposizione come questa, lo Stato si impegna (parola di Mattarella), cioè assume un obbligo, da pari a pari, coi cittadini, promettendo loro quasi unilateralmente la più fondamentale opportunità di affermazione personale, in ogni ambito, e in regime di assoluta parità in partenza. Scelta non arbitraria se si pensa che non corrisponde a un’affermazione astratta di principio, ma che obbliga istituzioni e persone in carne e ossa a fornire strumenti e servizi concreti per lo sviluppo della personalità, individuale e sociale, e a eliminare ogni ostacolo naturale ingiusto che va sotto il nome di disuguaglianza. In quel significato si sostanziano – con una serie di obblighi, diritti e azioni materiali – la libertà responsabile e la giustizia.
Forse è spiegata, per questo, anche la “precedenza” rispetto al diritto al lavoro che tuttavia non si colloca affatto su un piano inferiore rispetto al primo e ne è in continuità, dal momento che col lavoro si realizzano due presupposti non secondari: la possibilità stessa di sopravvivenza, senza la quale ogni diritto non ha significato, e la dignità umana, nella sua forma più pienaLa Costituzione significa un «riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro». Riconoscere e rendere effettivo.
Costituzione significa pure promuovere la cultura diffusa e la ricerca di eccellenza, anche attraverso le nuove tecnologie; significa un riconoscimento (un “amare” secondo Mattarella, per il quale sembra tornare questo tema di “affetto” della Carta costituzionale verso i suoi uomini) la ricchezza artistica e ambientale dell’Italia, perché in esso, e per mia modesta interpretazione, si coagulano cultura e bellezza, le quali corrispondono, prima che a un interesse immateriale, a una precondizione per sviluppare un pensiero critico e progressista; significa garantire la salute e l’integrità fisica.
Ma "Costituzione" è pure sinonimo di doveri, attraverso i quali i diritti si rendono effettivi. Significa «che ciascuno concorra, con lealtà, alle spese della comunità nazionale» e, con ciò, che attraverso la fiscalità tutti contribuiscano in proporzione alle proprie capacità economiche a mantenere l’impegno ambizioso dei Costituenti di garantire uguali diritti e uguali giustizia a chiunque (diritti e libertà che, tra l’altro, sono determinati nel contenuto e non lasciati a vuote formule). L’evasione fiscale, la corruzione, la mafia sono un cancro del sistema. Con la corruzione si disperdono annualmente infinite risorse che sarebbero altrimenti utilizzate per rimuovere le barriere sociali, economiche, personali e per garantire le libertà (politiche, sociali, civili) e il loro funzionamento. Così il cancro della mafia alimenta le disuguaglianze, oltre a negare in radice ogni diritto individuale, che sostituisce col metodo della violenza e della prepotenza; la mafia è la negazione di ogni principio di libertà, giustizia e razionalità; con la mafia si fallisce in quanto uomini.
Da qui l’ulteriore esigenza, non trascurabile se letta in quest’ottica di “spiegazione della Carta”: il diritto a ottenere giustizia che, se si vuole, e sorprendentemente, non può non assumere un senso più ampio della semplice garanzia della certezza, della stabilità dei rapporti, della conservazione delle situazioni di fatto (della proprietà in primis) e cioè – mi sia permesso –  la materna rassicurazione di una Costituzione che sussurra agli oppressi, ai più vessati, agli inguaribili onesti e idealisti, ai propri figli più fedeli: «Io ci sono, e sono con te ogniqualvolta avrai ragione».
E ancora – ecco l’ennesimo segno di alleanza della Costituzione post-fascista – la pacificazione, che non è solo la pace fra le Nazioni, ma l’interessamento implicito, laddove l’invidiata sorella statunitense lo afferma apertamente, alla serenità dei cittadini. Questo principio Mattarella sembra voler affermare nel riferimento inedito alla libertà «come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e affettiva»: di questo la Costituzione si interessa. Non più uno Stato nemico, invasivo, che si intromette nella sfera privata anteponendo un interesse “superiore”; uno Stato, invece, che deve preoccuparsi della più piena autonomia anche emotiva, anche intima, anche sessuale dei suoi consociati: una lezione per chi, come la politica, approva (o non approva) le leggi che a quei principî devono uniformarsi.
Quelli della Costituzione - è questa l'osservazione più critica che posso permettermi - della ragione e dell'affetto*.

Simone Risoli


*Un ringraziamento a S. che dell'importanza della dimensione affettiva sta dando grandi prove.