Col discorso del Presidente della Repubblica Sergio
Mattarella alle Camere e ai delegati regionali, si è tenuta una – al di là
dell’opinione comune – non ordinaria lezione di “Costituzione spiegata agli
elettori e alla politica”. Una “lezione”, per certi versi, di innamoramento ai
principî costituzionali. Un discorso, lapidario in certi passaggi, da cui il
sottoscritto vorrebbe ricavare non pochi svolgimenti.
Non è un caso che, il capo dello Stato, facile oggetto di idealizzazione
da parte dei mass media, abbia sottolineato quasi silenziosamente che il
suo ruolo di garante della Costituzione, e con esso la Costituzione stessa,
«significa» e che «la garanzia più forte [di essa] consiste, peraltro,
nella sua applicazione; nel viverla giorno per giorno». Così operando,
l’attenzione si sposta dal senso dell’azione dell’istituzione (Presidente delle
Repubblica) a quello quotidiano, importante (cioè letteralmente “pregno di
importanza”) e attuale (ovvero “attento e strettamente inerente al presente”)
della Costituzione.
Se la Costituzione significa, allora “porta il
segno di qualcosa”; quello della resistenza, della cultura democratica, del
fondamentale «patto fra cittadini e classe politica» (più volte richiamato da
Mattarella) che è un segno di amicizia. Non è facile
spiegare la Costituzione in certi termini né retorici, né emotivi, ma di
vicinanza: alla Costituzione importa degli uomini.
Ma se la Costituzione “significa”, allora riproduce,
contiene, recepisce, manifesta. E tra le cose che significa, essa
significa in primis garantire il diritto allo studio; scelta non
arbitraria quella di anteporre questo significato altri, perché proprio
attraverso una banale disposizione come questa, lo Stato si impegna
(parola di Mattarella), cioè assume un obbligo, da pari a pari, coi cittadini,
promettendo loro quasi unilateralmente la più fondamentale opportunità di
affermazione personale, in ogni ambito, e in regime di assoluta parità in
partenza. Scelta non arbitraria se si pensa che non corrisponde a
un’affermazione astratta di principio, ma che obbliga istituzioni e persone in
carne e ossa a fornire strumenti e servizi concreti per lo sviluppo della
personalità, individuale e sociale, e a eliminare ogni ostacolo naturale ingiusto
che va sotto il nome di disuguaglianza. In quel significato si sostanziano –
con una serie di obblighi, diritti e azioni materiali – la libertà responsabile
e la giustizia.
Forse è spiegata, per questo, anche la “precedenza” rispetto
al diritto al lavoro che tuttavia non si colloca affatto su un piano
inferiore rispetto al primo e ne è in continuità, dal momento che col lavoro si
realizzano due presupposti non secondari: la possibilità stessa di
sopravvivenza, senza la quale ogni diritto non ha significato, e la dignità
umana, nella sua forma più piena. La Costituzione
significa un «riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro». Riconoscere e rendere
effettivo.
Costituzione significa pure promuovere la cultura
diffusa e la ricerca di eccellenza, anche attraverso le nuove tecnologie;
significa un riconoscimento (un “amare” secondo Mattarella, per il quale sembra
tornare questo tema di “affetto” della Carta costituzionale verso i suoi uomini)
la ricchezza artistica e ambientale dell’Italia, perché in esso, e per mia
modesta interpretazione, si coagulano cultura e bellezza, le quali
corrispondono, prima che a un interesse immateriale, a una precondizione per
sviluppare un pensiero critico e progressista; significa garantire la salute e
l’integrità fisica.
Ma "Costituzione" è pure sinonimo di doveri, attraverso i quali i diritti si rendono effettivi. Significa «che ciascuno concorra, con lealtà, alle spese della comunità nazionale»
e, con ciò, che attraverso la fiscalità tutti contribuiscano in proporzione
alle proprie capacità economiche a mantenere l’impegno ambizioso dei
Costituenti di garantire uguali diritti e uguali giustizia a chiunque (diritti
e libertà che, tra l’altro, sono determinati nel contenuto e non lasciati a
vuote formule). L’evasione fiscale, la corruzione, la mafia sono un cancro del
sistema. Con la corruzione si disperdono annualmente infinite risorse che
sarebbero altrimenti utilizzate per rimuovere le barriere sociali, economiche,
personali e per garantire le libertà (politiche, sociali, civili) e il loro
funzionamento. Così il cancro della mafia alimenta le disuguaglianze, oltre a
negare in radice ogni diritto individuale, che sostituisce col metodo della
violenza e della prepotenza; la mafia è la negazione di ogni principio di libertà,
giustizia e razionalità; con la mafia si fallisce in quanto uomini.
Da qui l’ulteriore esigenza, non trascurabile se letta in
quest’ottica di “spiegazione della Carta”: il diritto a ottenere giustizia che,
se si vuole, e sorprendentemente, non può non assumere un senso più ampio della
semplice garanzia della certezza, della stabilità dei rapporti, della
conservazione delle situazioni di fatto (della proprietà in primis) e
cioè – mi sia permesso – la materna
rassicurazione di una Costituzione che sussurra agli oppressi, ai più vessati,
agli inguaribili onesti e idealisti, ai propri figli più fedeli: «Io ci sono, e
sono con te ogniqualvolta avrai ragione».
E ancora – ecco l’ennesimo segno di alleanza della
Costituzione post-fascista – la pacificazione, che non è solo la pace fra le
Nazioni, ma l’interessamento implicito, laddove l’invidiata sorella
statunitense lo afferma apertamente, alla serenità dei cittadini. Questo
principio Mattarella sembra voler affermare nel riferimento inedito alla libertà
«come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella
economica, nella sfera personale e affettiva»: di questo la Costituzione si
interessa. Non più uno Stato nemico, invasivo, che si intromette nella
sfera privata anteponendo un interesse “superiore”; uno Stato, invece, che deve preoccuparsi della più piena autonomia anche emotiva, anche intima, anche
sessuale dei suoi consociati: una lezione per chi, come la politica, approva (o
non approva) le leggi che a quei principî devono uniformarsi.
Quelli della Costituzione - è questa l'osservazione più critica che posso permettermi - della ragione e dell'affetto*.
Simone Risoli
*Un ringraziamento a S. che dell'importanza della dimensione affettiva sta dando grandi prove.