mercoledì 19 novembre 2014

La doppia anima di destra

È recente la notizia della bocciatura da parte del Senato americano della riforma della NSA.
Il caso riguarda, per intendersi, le modifiche che Obama aveva voluto apportare all’Agenzia federale che si occupa della sicurezza e (con quella) del controllo e dell’attività di “spionaggio” sui dati e la vita dei cittadini statunitensi; Autorità che, con la sua opera indiscriminata, si era ingerita così pesantemente nella vita privata degli americani da essere, finalmente, denunciata pubblicamente con l’esplosione del caso Datagate.
La riforma – dei cui effetti realmente innovativi è difficile discutere in assenza di un testo approvato, ma dalla cui mancata approvazione (e dalla mancata approvazione dei principi che contiene) si possono ricavare alcune considerazioni – è stata fermata in Senato dal voto contrario dei Repubblicani, fatto emblematico e rilevante anche al di là dei confini statunitensi se si pensa che proprio il Partito Repubblicano americano è uno dei modelli di riferimento della destra “moderna”.
Emblematico è infatti il caso che proprio il partito di quel Paese, che per eccellenza incarna (anche storicamente) la massima tutela del liberismo e della libertà privata, sia stato il freno alla riforma che si proponeva di limitare l’intromissione dello Stato nell’intimità della vita dei cittadini. E, tuttavia, emblematico da un punto di vista teorico, ma non una novità.
Se nella sinistra è intrinseca – come scriveva Bobbio – l’oscillazione fra la preservazione di una uguaglianza “naturale” degli uomini e l’intervento “livellatore” dello Stato per assicurare questo risultato, nella destra – quella americana che ha votato per il mantenimento degli strapoteri alla NSA – non è nuova questa contraddizione fra l’esaltazione dell’individuo e contemporaneamente dell’Autorità: libertà e autorità che concettualmente si contrappongono.
Da una parte, in effetti, sta il liberalismo, la cultura secondo la quale al privato nessun limite esterno troppo proibitivo per sua libertà dovrebbe essere posto; nessun limite (o nessun limite irrazionale) alla proprietà privata, alla sua libera iniziativa economica, al suo diritto di autodeterminarsi, di emergere nella società in quanto individuo; di scavare pozzi, impiantare fabbriche, comprare azioni in borsa; di determinare anche gli aspetti “interiori” della sua vita: la coscienza, la religione, la propria volontà. Dall’altra, però, sta quella “naturalmente (o storicamente) di destra” ragion di Stato, quasi un retaggio del filosofo Hobbes; la ragion di Stato che legittima ogni potere pubblico in nome della lotta al terrorismo; la ragion di Stato che permette di “spiare” la vita dei privati (“Questo è il momento peggiore possibile per legarci le mani dietro la schiena”, ha dichiarato il senatore americano McConnell); la ragion di Stato che rivendica di sapere cosa sia eticamente giusto o sbagliato e che determina o limita il diritto di vivere o morire; la ragion di Stato che condanna moralmente l’aborto o che non riconosce i diritti civili alle coppie di fatto o omosessuali; la ragion di Stato che nega l’eutanasia; la ragion di Stato che, infine, può ricorrere alla forza nonostante e contro la volontà dei cittadini ricorrendo alla ragione della “guerra giusta”.

In questo lungo elenco sta la doppia natura, quasi inconciliabile, di molta parte del pensiero di destra, liberale e conservatore allo stesso tempo, individualista ma “organicista” per certi versi, laico ma confessionale. E sorge il sospetto, sulla base di questa disamina, che proprio dove il liberalismo aveva affondato le sue radici più nobili (la libertà individuale, il diritto alla vita, i diritti civili) ci sia un arretramento o un’indifferenza o – anche – una disponibilità a sacrificare certi ideali in nome di certi altri interessi. Mentre laddove sia la tutela degli interessi a prevalere non è ammesso compromesso. Così, ad esempio, i Repubblicani americani del Senato sono i più fieri oppositori alla riforma del sistema sanitario che sottrae potere alle assicurazioni private per avvicinarlo a un sistema “pubblico” in cui siano garantite cure anche ai cittadini indigenti. Parallelamente sono proprio loro a opporsi a misure di prevenzione di sicurezza negli impianti industriali che caricherebbero di costi i grandi imprenditori; sono loro (e i loro seguaci europei) a volere meno controlli pubblici, meno limiti amministrativi, meno regolamentazione in materia di mercato del lavoro. 
Dov'è la destra della laicità e dei diritti civili? Convive e si lascia sopraffare dalla conservazione, da una forma ormai inattuale di nazionalismo (o autonomismo o discriminazione razziale!) e dalla preservazione dei grandi interessi.
Nessuno tocchi l’oleodotto Keystone, ma si diano più fondi pubblici alle multinazionali private. Difendiamo il diritto sacrosanto di comprare titoli in borsa, ma non tuteliamo la privacy. Riconosciamo il valore dell’individuo quando si occupa di cose economiche, ma ci fermiamo lì. Questo, in sintesi.