sabato 29 settembre 2012

Brevi riflessioni settimanali

Dimmi chi sono quegli uomini lenti
coi pugni stretti e con l'odio fra denti;
dimmi chi sono quegli uomini stanchi
di chinar la testa e di tirare avanti...

(Francesco Guccini, Primavera di Praga)


Poche parole sono sufficienti

lunedì 24 settembre 2012

Mangiatori di patate

(I mangiatori di patate, ovvero dall'estetica della povertà al desiderio di solidarietà; Caffè di notte, ovvero la distanza dagli uomini percepita da chi predica la vicinanza).

I

Il tempo non vuole sentire,
il tempo è coperto di seta sfibrata
che nasconde gli squarci.

Che belli quegli zigomi orrendi,
la pelle di patate estirpate ai campi!
Mangiando le scorze, non resta che scorza
per pelle rappresa,
come un'ostrica spoglia
ad asciugare su uno scoglio.

Giunge per mare l'eco
e lo stesso verso di pennellate.
La donzelletta vien dalla rappresaglia
delle ore
e a stento la consola
la notte chiara e dolce e senza vento.


II 

La notte è tutta poesia
nella casa di fronte illuminata.
Carte ora frusciano, i campi ora sono
il blu della volta celeste
e sembra sentirsi un suono
campestre
e impazienti nitriti di consolazione.

Ma questo si ode nel silenzio oltre le finestre.
La nebbia dell'ultima notte prima del giorno
è impenetrabile da questo vetro d'argento,
i palazzi sono mosaici dipinti
nelle reti delle zanzariere
e sembra sentirsi stridere
il nitrato di altra consolazione.

(Simone Risoli, 2011/2012)

mercoledì 19 settembre 2012

"E qualcuno dirà che c'è un modo migliore"

Appunti ermetici su Non al denaro, non all'amore, né al cielo. 


Non al denaro, non all'amore, né al cielo è l'esempio della reinterpretazione che approfondisce e crea dall'esistente un'opera talvolta migliore dell'originale.
Discutere di un album musicale pubblicato nel 1971 può essere un evidente anacronismo - un attaccamento inspiegabile al passato, in una sorta di cieca venerazione. Tanto più, bisogna considerare che i testi e le musiche di Fabrizio De André e Nicola Piovani (di cui l'album si compone) sono già storicamente anomali, come appaiono a prima vista molte scelte dello stesso De André: la scelta del 1970 di occuparsi della "Buona Novella" in periodo di contestazioni politiche, contro l'organizzazione patriarcale e gerarchica della famiglia, contro l'influenza della religione sui costumi e la libertà individuale; quella del '71 di recuperare un'antologia poetica (Spoon River) che lascia parlare i morti, in un periodo di lotte sociali e civili in Italia.
Nel tempo ci si è convinti (forse anche inconsciamente) che gli individui "cosmico-storici" debbano interpretare e incarnare lo "spirito" del tempo, senza soffermarsi, però, sul significato che questa "incarnazione" dovrebbe ricoprire. In realtà, "incarnare" lo spirito presente (ammesso che questo "spirito" esista e non sia una vuota espressione) significa, talvolta, non allinearsi al senso condiviso del tempo o scegliere una posizione particolare per denunciarne le contraddizioni: l'opera migliore del Pierre Menard di Borges è la riscrittura del Chisciotte.
Forse questa è la posizione dell'intellettuale distaccato, indifferente ai problemi sociali, metafisico e "eliotiano", che respinge ogni coinvolgimento politico, aspirando a una pace individuale già di per sé complessa da ricercare, capace di riconoscere la propria inadeguatezza a interferire col mondo (capace, al più, come scriverebbe il giovane Eliot, di trovare il coraggio di "mangiare una pesca")?
Certamente non è la posizione di Spoon River e di De André, in cui quella politica diventa aspirazione ad affermare la piena libertà degli individui, svincolandosi dalla sua natura di gestione del potere.
Dopo un secolo dalla pubblicazione dell'Antologia di Spoon River e quarant'anni da quella di Non al denaro, non all'amore, né al cielo, come il Chisciotte di Borges la storia si scrive ex novo.
Nell'opera del '71, in particolare, la collina di Spoon River è il riflesso attualissimo della società contemporanea, nonostante l'autore (ecco perché l'anacronismo è puramente apparente) l'avesse concepita come riproposizione della poesia di Lee Masters, quindi inattuale già al tempo dell'incisione del disco.
Sarebbe inutile sottolineare che il senso letterale delle opere è solo una componente dell'intero.
Talvolta, lo stesso titolo delle poesie rivela l'essenza della riscrittura, che è generalmente universale nella misura in cui è ancora attuale, e non genericamente attuabile: Dietro ogni scemo c'è un villaggio, la più efficace denuncia dell'ipocrisia e della costruzione di falsi ideali da parte delle maggioranze assieme a Smisurata preghiera (Anime Salve, 1996); Dietro ogni blasfemo c'è un giardino incantato, l'espressione degli inganni e delle mistificazioni delle religioni e del fanatismo che si riducono, in ultima analisi, a meccanismi di controllo del potere, il quale agisce nelle antiche forme della coazione fisica, fino al delitto (qualcuno ricorderà, nel legame superstizione-delitto, il mito di Ifigenia raccontato da Lucrezio) e nelle forme nuove di indebolimento culturale ("...e non Dio, ma qualcuno che per noi lo ha inventato ci costringe a sognare in un giardino incantato").
Jones il suonatore sembra salvarsi oltre la salvazione.

IL SUONATORE JONES
In un vortice di polvere
gli altri vedevan siccità,
a me ricordava
la gonna di Jenny
in un ballo di tanti anni fa.
Sentivo la mia terra
vibrare di suoni, era il mio cuore
e allora perché coltivarla ancora,
come pensarla migliore.

Libertà l'ho vista dormire
nei campi coltivati
a cielo e denaro,
a cielo ed amore,
protetta da un filo spinato.
Libertà l'ho vista svegliarsi
ogni volta che ho suonato
per un fruscio di ragazze
a un ballo,
per un compagno ubriaco.

E poi se la gente sa,
e la gente lo sa che sai suonare,
suonare ti tocca
per tutta la vita
e ti piace lasciarti ascoltare.
Finii con i campi alle ortiche
finii con un flauto spezzato
e un ridere rauco
ricordi tanti
e nemmeno un rimpianto.

Ne Il suonatore Jones, violinista nell'originale di Masters, flautista in de André per ragioni metriche, si attua il rovesciamento dei valori tradizionali: Jones è colui che offrì "la faccia al vento, la gola al vino e mai un pensiero non al denaro, non all'amore né al cielo", "sorpreso dai suoi novant'anni" mentre "con la vita avrebbe ancora giocato". La sua figura diventa il punto più alto dell'opera; mentre nella Spoon River classica è uno fra i tanti cittadini, tra cui comunque emerge, in de André rappresenta la sintesi; non è un personaggio straordinario, è dedito al vizio, è sognatore, poetico e materialista e, nonostante questo, e, anzi, in forza di questo, è l'unico personaggio in grado di salvarsi dalla morte, non in senso escatologico, ma attraverso la sua umanità. La vitalità di Jones non lo sottrae alla morte, ma gli consegna un'esistenza semplice, piena, povera di rimpianti che - evidentemente l'autore vuole sottolinearlo - sono quella parte della vita tanto simile a una prematura morte e assai più dolorosa di questa: perché la morte reale, quantomeno, estirpa ogni sensazione e dolore e libera dall'amarezza che i morti di Spoon River riescono ancora a provare solo in forza di una finzione letteraria.