martedì 5 giugno 2012

Una poesia di T.S. Eliot

 












Aprile è trascorso da tempo.
Esordire con La terra desolata ("Aprile è il mese più crudele...") sarebbe filologicamente esatto per introdurre un poeta fra i più grandi innovatori e tradizionalisti del secolo scorso. Forse davvero - dopo Eliot o insieme a Eliot o anche attraverso Eliot - la poesia ha assunto un volto nuovo, sfregiato dal dissacrante e dall'orrido, inghirlandato di raffinatezza e sottigliezze intellettuali; per certi versi un esercizio di ingegno (così si diceva dei poeti metafisici inglesi cinquecenteschi, modello di riferimento per T.S.Eliot), per altri la perfetta adesione della poesia alla genetica, perché la forma della poesia diventa il fenotipo (la manifestazione esterna), laddove il contenuto è genotipo (il codice genetico). 
Al di là di questo, una poesia di Eliot - che l'autore stesso interpretava come sinfonia che può essere ascoltata procurando piacere all'orecchio senza coinvolgere, al primo ascolto, l'analisi e l'approfondimento -può essere un buon tentativo di approccio. 

La figlia che piange

O quam te memorem virgo...
Fèrmati sul piano più alto delle scale -
Appoggiati a un'anfora da giardino -
Tessi, tessi la luce del sole nei tuoi capelli - 
Stringi contro di te i tuoi fiori con una sorpresa dolente,
gettali a terra e voltati
con un furtivo risentimento negli occhi:
ma tessi, tessi la luce del sole nei tuoi capelli - 

Così avrei voluto che lui partisse,
così avrei voluto che lei restasse e soffrisse,
così lui sarebbe partito,
come l'anima lascia il corpo lacerato e livido,
come la mente diserta il corpo che ha usato.
Troverei
un modo incomparabilmente lieve e agile,
un modo che entrambi intenderemmo,
semplice e infedele, come un sorriso o una stretta di mano.

Lei si voltò, ma con la stagione autunnale
provocò la mia immaginazione per molti giorni,
molti giorni e molte ore:
i suoi capelli sulle sua braccia e le sue braccia coperte di fiori.
E mi chiedo come sarebbero stati, insieme!
Avrei perso un gesto e una posa.
A volte queste riflessioni sorprendono ancora
la mezzanotte inquieta e il mezzogiorno che riposa.


(T.S.Eliot)

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