domenica 17 giugno 2012

Il 17 giugno, la Grecia e il Leviatano europeo


Si attende la seconda fase delle elezioni in Grecia. La situazione frammentaria della prima consultazione elettorale aveva impedito la formazione di un Governo e richiesto lo scioglimento della Camera. Alcuni allarmanti segnali di insofferenza diffusa si sono tradotti nelle scorse elezioni in una scelta politica sbilanciata a favore di forze illiberali e, per certi versi (o almeno nel significato non formale che si vuole attribuire al termine), non-costituzionali (per recuperare l'argomento, I nazisti a casa di Platone). 
La situazione greca, come è stato fatto notare, sembra riproporre gli elementi storici, culturali, politici, sociologici della Germania del primo dopoguerra: forti pressioni e obblighi internazionali, disastro economico, crisi del funzionamento della democrazia e inadeguatezza degli strumenti di consultazione popolare, rischi di ingovernabilità, ascesa delle forze antidemocratiche, sospensione (di fatto) delle garanzie costituzionali.
Le differenze, per quanto contingenti, sono in verità altrettante: la storia si compone di eventi contingenti; la storia è somma di eventi contingenti che, sempre a posteriori, postulano una riflessione, una induzione di linee direttive generali. Corsi e ricorsi storici, in definitiva, si realizzano a livello macro-storico e sono schematizzazioni di fatti eterogenei; la determinazione delle cause storiche è sempre la considerazione di un insieme di eventi primari e secondari (cfr. Sei lezioni sulla storia, E. Carr).
Non per questo la situazione è meno delicata; anzi, forse lo è ancor più. Parafrasando una celebre sententia di Tacito, o i fatti accadono necessariamente - e allora pongono il problema di non poter essere modificati e, quindi, dell'insufficienza dell'uomo ad agire contro la storia e la necessità - oppure accadono senza ragione - e allora alimentano l'inquietudine di dover affrontare fatti dai rivolgimenti imprevedibili e dalle conseguenze inattese.  
Il 17 giugno è la data fissata per la seconda tornata greca. L'analisi delle intenzioni di voto sembra oscillare fra l'illustrazione di un risultato incerto, come quello che caratterizza il Parlamento uscente, e uno meno indefinito. Al centro del dibattito elettorale si sviluppa questione europeista. Il conflitto di questo 17 giugno rischia di trasformarsi in un'opposizione fra filoeuropeisti ed euroscettici.
La questione europea rischia così di essere affrontata troppo superficialmente. L'Unione Europea è sicuramente un'esperienza particolare, essendo al contempo embrione di una forma federale irrealizzata e soggetto più sviluppato rispetto a una confederazione di Stati assolutamente indipendenti; la moneta unica e le implicazioni di unità di politica finanziaria che dovrebbero derivarne sono un vincolo fra Stati maggiore rispetto a quello che legava la Confederazione del Reno. Ridurre il fenomeno all'assoggettamento della sovranità nazionale (concetto, peraltro, completamente abbandonato dagli studi di diritto pubblico, che lo considerano residuo storico-ideologico) alle scelte invasive di un'organizzazione sovranazionale è del tutto pretestuoso. Infatti:
1) gli Stati sovrani sono comunque autonomi: possono recedere dalla UE, secondo forme e limiti che essi stessi hanno sviluppato. Ad es., in Italia, la Corte Costituzionale italiana ha ricavato dall'art.11 Cost. il principio della prevalenza del diritto comunitario su quello nazionale equivalente, entro il limite - che comporta l'exit dall'Unione - del rispetto dei diritti fondamentali della persona; inoltre, giuridicamente, le decisioni dell'Unione si riferiscono spesso allo Stato, il quale sceglie la propria politica di attuazione delle direttive;
2) il sacrificio dell'appartenenza all'Unione è criticabile, soprattutto quando possa provenire dall'influenza che gli organi comunitari subirebbero da poteri a-statuali economico-finanziari o d'altro genere. Ma l'UE è fondata in primis su ragioni di solidarietà (c.d. sussidiarietà), libertà (di circolazione, di lavoro, di stabilimento di impresa), cosmopolitismo (cittadinanza europea, non-discriminazione, uniformazione delle politiche della persona, del lavoro, dei diritti politici);
3) la Costituzione Italiana afferma il ripudio della violenza e l'assoggettamento al principio delle limitazioni di forza, autorità e volontà di potenza "necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni" (arg. ex  art. 11 Cost.). La critica alle politiche europee dovrebbe basarsi comunque sulla consapevolezza che l'Unione nasce e deve esistere come "Associazione Umanitaria".
Per il caso greco è più che fondato il dubbio che la coalizione direttamente coinvolta nei giochi di alternanza politica e pericolo di fallimento statale sia quella degli interessi economici transnazionali. E la questione non è di poco conto, considerando che dall'economia greca dipendono risparmiatori, lavoratori del pubblico impiego, sistemi di assistenza sociale, garanzie di sanità, servizi elementari e, infine, anche investitori con finalità speculative. Per questo la discussione elettorale sul ritorno alla dracma o sulla permanenza nella UE ha risvolti molto ampi e, purtroppo, intimidatori, ma, in tutto questo, la libera scelta elettorale del popolo greco dovrebbe incontrare l'unico limite (e preoccupazione) di compiere la scelta più adatta a conservargli, di fatto, quella libertà.
Sul piano comunitario, invece, occorre un fronte comune europeo, solidale, politico, istituzionale, un'azione normativa concordata per contrastare le aberrazioni di parte della finanza che rivaluta, in base al criterio dell'arricchimento personale, una possibile seconda Germania post-bellica in Grecia.
Non sarebbe ancora l'Europa di John Donne, quella tale che "se una zolla è strappata via dal mare, ne è diminuita...", ma in questo modo, il temuto Leviatano dell'Europa sarà un Leviatano buono.

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